
All’inizio della raccolta manca meno di un mese, ma già si fanno i conti: sarà un anno molto difficile per la nocciolicoltura della Tuscia, con stime (purtroppo ormai quasi una certezza) che non promettono nulla di buono.
“Bene che andrà ci sarà un calo del 40% e sono ottimista: lo stato di salute delle piante non mente, ad influire negativamente sulla produzione sono state le gelate di aprile che hanno inciso sull’allegagione ed il forte vento di questi giorni certo non aiuta”.

A parlare è Piero Brama, presidente della Cpn (Cooperativa produttori nocciole) di Ronciglione, una delle realtà più dinamiche del territorio. “Non c’è praticamente zona della Tuscia che non sia stata colpita, in maniera differente il calo riguarderà tutto il territorio – prosegue Brama – e c’è il rischio che qualche agricoltore, visti i costi, non raccoglierà il prodotto“. Nel Viterbese, secondo l’Istat, si coltiva in media circa il 40% delle nocciole italiane (5% delle nocciole mondiali), con una produzione che può raggiungere anche circa 500mila quintali, per un valore stimato di circa 130 milioni di euro (con l’indotto è 4 volte tanto). Numeri importanti, quindi, considerando ad esempio che il fatturato complessivo del Distretto ceramico di Civita Castellana è di circa 300 milioni (non a caso da anni a Caprarola è presente la Ferrero a testimonianza dell’importanza della zona). Continua Brama: “Eventi avversi in agricoltura ci sono sempre stati, ma in questi anni sono particolarmente frequenti e sempre più imprevedibili. Tocchiamo con mano gli effetti del cambiamento climatico e per combatterlo tutti dobbiamo fare la nostra parte, compresi noi agricoltori“.

Nel caso della Cpn dalle parole si è passato ai fatti. “Siamo nati quattro anni fa e abbiamo cercato di portare un approccio pratico, sostenibile e non ideologico, alla corilicoltura. Cerchiamo di uscire da un mondo in cui, per anni, ci siamo parlati addosso: da qui nascono le nostre collaborazioni sempre più frequenti con l’Università della Tuscia, con enti di ricerca come il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) e con aziende di livello internazionale per sperimentare nuove tecniche”.
Prima con la Bosch (un colosso da 140mila dipendenti nel mondo) con la quale ha concluso positivamente la sperimentazione della sonda per analizzare l’umidità del terreno. Ora invece con la società Deepfield Connect, Cpn ha iniziato da poco la sperimentazione di nuovi sensori sul nocciolo (unici in Europa) che integrano la sonda già sperimentata e dovrebbero restituire in tempo reale su smartphone non solo il livello di umidità del terreno agricolo, ma anche l’assorbimento della pianta consentendo così una gestione ottimale dell’acqua, riducendone ulteriormente i consumi già ridotti con il solo impiego della sonda tra il 30% e il 40%. Con il Crea, invece, nelle scorse settimane Cpn ha tenuto una giornata dimostrativa in noccioleto per presentare gli innovativi ugelli antideriva, atti a ridurre la dispersione dei prodotti fitosanitari.

Anche per cercare di attutire gli effetti di stagioni come quella che si si sta prefigurando, Cpn punta a una coltivazione sempre più rispettosa dell’ambiente. “Siamo determinati a incentivare un’agricoltura che guarda al futuro – conclude Brama – e il futuro dell’agricoltura, e anche del nostro pianeta, non può prescindere dalla qualità dei prodotti e dalla tutela dell’ambiente. L’innovazione e l’applicazione delle più avanzate tecnologie, che guardiamo in modo costruttivo e con volontà di approfondire, favorisce qualità, tracciabilità e sostenibilità dei prodotti”.